Autovelox su strada urbana non qualificabile a scorrimento: la multa è nulla

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La Corte di Cassazione con la pronuncia n. 16622/2019 affronta la vexata quaestio del posizionamento degli impianti fissi di rilevazione della velocità.

Nel caso di specie, i giudici per chiarire quali vie possano essere qualificate come “urbane di scorrimento” hanno posto l’accento sull’art. 2 del Codice della Strada, rubricato “Definizione e classificazione delle strade”, il quale elenca le caratteristiche che le stesse devono presentare per essere definite tali. Più in dettaglio, è identificata come “Strada urbana di scorrimento” quella: “strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate”.

Nel caso in esame posto sotto la lente della Corte, il giudice di merito aveva elaborato un concetto di banchina non corrispondente a quello riconducibile alla citata previsione codicistica. Secondo il collegio di legittimità, per banchina “deve considerarsi uno spazio all’interno della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata, destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza”. Ne deriva che, essendo la banchina pavimentata elemento comune a più categorie di strade, essa, per sua natura, si identifica con uno spazio avente tale precipua attitudine e, dunque, oltre a dover restare libero da ingombri, deve avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni. Infatti, tenuto conto che anche la strada urbana di scorrimento è contraddistinta da un intenso flusso stradale veicolare ininterrotto per lunghi tratti, si profila, quindi, la stessa necessità di assicurare l’esistenza di fasce laterali in cui poter effettuare una sosta di emergenza o un transito pedonale. Discende, secondo gli stessi giudici, che la banchina appartiene alla struttura della strada e la sua relativa utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione assimilabili a quelle che valgono per la carreggiata, in quanto anch’essa, in assenza di specifica segnalazione contraria e benché non pavimentata, deve suscitare negli utenti un affidamento di consistenza e sicura transitabilità. Dalla definizione fornita deriva che una banchina di ridottissima larghezza, come quella che insisteva sul viale del Comune interessato, non può considerarsi idonea a svolgere le riportate funzioni né, in generale, rispondente alle caratteristiche imposte dal Codice della Strada, ragion per cui la sua mancata conformazione a tali caratteristiche comporta l’insussistenza di un elemento essenziale per la qualificazione di una strada urbana come “di scorrimento”.

Annullata la pronuncia, il giudice cui è stata rinviata la causa dovrà uniformarsi al principio fornito dalla II Sezione Civile: “il provvedimento prefettizio di individuazione delle strade lungo le quali è possibile installare apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocità, senza obbligo di fermo immediato del conducente, previsto dall’art. 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, può includere soltanto le strade del tipo imposto dalla legge mediante rinvio alla classificazione di cui all’art. 2, commi 2 e 3, c.d.s. 1992, e non altre, dovendo perciò, considerarsi illegittimo – e, pertanto, disapplicabile nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa – il provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l’installazione delle suddette apparecchiature in una strada urbana che non abbia tutte le caratteristiche “minime” della “strada urbana di scorrimento”, in base alla definizione recata dal comma 2, lett. D), del citato art. 2 c.d.s.”.