In tema di equo canone, il giudice ordinario ha il potere di disapplicare l’atto di classamento dell’unità immobiliare oggetto della controversia.

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Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 13 novembre 2014 – Causa C- 443/13

La Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza in esame ha precisato che la carne fresca di pollame deve soddisfare il criterio microbiologico relativo alla salmonella in tutte le fasi di distribuzione, compresa la vendita al dettaglio.

Corte di Cassazione, sentenza n. 927 del 17.01.2014

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il giudice può ridurre l’importo dell’assegno di mantenimento a carico dell’ex coniuge se l’obbligato è anziano e in precarie condizioni di salute. In questo caso, infatti, è prevedibile che l’onerato debba andare incontro a crescenti spese di carattere medico e assistenziale.
La Suprema Corte ai fini della valutazione delle condizioni economiche dell’ex marito, ha attribuito rilievo alla sue condizioni attuali di salute documentalmente accertate, che già richiedevano un particolare attenzione sia sotto il profilo dell’assistenza sia delle terapie. Uno stato di cose, ha concluso il collegio, destinato ad accrescersi nel tempo con il “progressivo degrado dello stato fisico” dell’uomo e gli inevitabili aumenti di spese sanitarie e che giustifica pienamente la riduzione dell’assegno di mantenimento.

Corte di Cassazione, sentenza n. 44845 del 6.11.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che la gastrite dell’avvocato anche se certificata dal medico (con una prognosi di tre giorni per la guarigione) non è un motivo legittimo per far slittare l’udienza.
La Suprema Corte precisa come nel caso di specie “la certificazione allegata alla richiesta di differimento, non solo non precisava che la malattia da cui era afflitto impedisse all’avvocato di svolgere la sua attività professionale ovvero che lo stesso necessitasse di riposo assoluto in ragione della sua eventuale intensità, ma si limitava a rilevare l’esistenza di una patologia che, per comune esperienza, non poteva considerarsi invalidante (la gastrite per l’appunto) e ad effettuare una prognosi sui suoi tempi dl risoluzione (peraltro assai rapidi)”.
“In tale situazione – prosegue la Corte – , sempre per consolidato orientamento deve ritenersi legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito ritenga l’insussistenza del dedotto impedimento anche indipendentemente da una verifica fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 24342 del 29.10.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che è legittimo il licenziamento del dipendente di un istituto di credito che abbia negoziato assegni non trasferibili a persone diverse dai beneficiari e che abbia effettuato operazioni su saldi indisponibili senza l’autorizzazione del titolare della dipendenza della banca.

Corte di Cassazione, sentenza n. 24037 del 23.10.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che quando il giustificato motivo oggettivo si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, non sono utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere in quanto non più necessaria, né il criterio della impossibilità di repechage, in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili
Per la Corte in tali ipotesi: “Non è vero che la scelta del dipendente (o dei dipendenti) da licenziare sia per il datore di lavoro totalmente libera” ma il datore di lavoro deve pur sempre improntare l’individuazione del soggetto (o dei soggetti) da licenziare ai principi di correttezza e buona fede, cui deve essere informato, ai sensi dell’art. 1175 cod. civ., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e quindi anche il recesso di una di esse.

Corte di Cassazione, sentenza n. 22538 del 02.10.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che è illegittimo il licenziamento del dipendente assente per malattia provocata dall’azione di mobbing anche dopi il periodo di comporto.

Corte di Cassazione, sentenza n. 37407 del 12.09.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che deve essere condannato per tentata rapina aggravata il bodyguard dcolpevole di aver cercato con metodi ‘fortì di farsi dare la macchina fotografica da un paparazzo che da giorni era “alle calcagna della soubrette per cercare di riprendere immagini utili a servizi di gossip.

Corte di Cassazione, sentenza n. 19876 del 29.08.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il creditore è libero fino al pagamento integrale del credito di intimare tanti precetti quanti ne reputi necessari.
Secondo i giudici dunque “libero è il creditore, fino al pagamento integrale del credito, di intimare tanti precetti quanti reputi necessari (e solo, per quanto visto, per l’importo complessivo del credito, non potendo egli frazionarne l’esecuzione), purché non chieda, in quelli successivi, le spese (ed i compensi e gli accessori) per i precetti precedenti”.
“Ove invece – prosegue la sentenza -, col precetto successivo o reiterato, intimasse anche il pagamento delle spese dei precetti precedenti, l’ultimo sarebbe sì illegittimo, ma solo ed esclusivamente quanto a queste ultime, sicché non potrebbe essere dichiarato invalido nella sua interezza”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 17122 del 10.07.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che in caso di licenziamento viziato per la mancata comunicazione dei motivi del recesso, la non idoneità ad incidere sulla continuità del rapporto di lavoro comporta il risarcimento del danno, eventualmente facendosi riferimento anche alle mancate retribuzioni. L
La Suprema corte ha chiarito che: “nel rito del lavoro, ai fini dell’esame della ritualità del ricorso introduttivo del giudizio, il giudice del merito è chiamato ad effettuare l’individuazione del petitum, sotto il profilo sostanziale e processuale, attraverso l’esame complessivo dell’atto. Tale operazione – che deve compiersi anche d’ufficio e anche in grado di appello – va distinta da quella relativa alla rilevazione di eventuali carenze riguardanti elementi che il ricorrente ha l’onere di dedurre e provare per sostenere la fondatezza della propria domanda, cioè di elementi da configurare come mezzi di prova, la cui omessa specificazione, pur ponendosi in contrasto a quanto prescritto dall’art. 414 n. 5 cod. proc. civ., non comporta la nullità del ricorso introduttivo, bensì la decadenza dalla possibilità di successiva deduzione delle prove nel corso del processo, salva la possibilità di ricorrere all’esercizio dei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art. 421 cod. proc. civ. e dell’at. 437, secondo comma, cod. proc. civ., nel giudizio di appello”.
E ancora: “nei rapporti sottratti al regime della tutela reale il licenziamento affetto da uno dei vizi formali di cui all’art. 2 della legge n. 604 del 1966, come modificato dall’art. 2 della legge n. 108 del 1990, non produce effetti sulla continuità del rapporto, senza che possa distinguersi tra i diversi vizi formali e, in particolare, tra mancanza di forma scritta e mancata comunicazione dei motivi di recesso, richiesta dal lavoratore. Pertanto, in ipotesi di licenziamento viziato per la mancata comunicazione dei motivi del recesso richiesti dal lavoratore – non applicandosi la disciplina sanzionatoria dettata dall’art. 8 legge n. 604 del 1966 (propria della diversa ipotesi di licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo), ma, comunque, vertendosi in tema di contratto a prestazioni corrispettive – l’inidoneità del licenziamento ad incidere sulla continuità del rapporto di lavoro non comporta il diritto del lavoratore alla corresponsione delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento inefficace, bensì solo il risarcimento del danno da determinare secondo le regole in materia di inadempimento delle obbligazioni, eventualmente facendosi riferimento anche alle mancate retribuzioni, ma nella suddetta ottica”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 28603 del 03.07.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che chi viene pesantemente emarginato e vessato sul luogo di lavoro può aver diritto a un risarcimento per le «lesioni» subite.

Corte di Cassazione, sentenza n. 26017 del 13.06.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che non ricorre l’aggravante dei futili motivi per il marito che spara alla moglie perché chiama la cartomante a pagamento.
Per la Corte “il motivo che ha determinato l’imputato a compiere il gesto di estrema gravità in danno della moglie non è costituito dall’uso smodato del telefono da parte della vittima (fatto obiettivamente banale rispetto al delitto compiuto), ma dalla circostanza che il ricorso a servizi telefonici di chiromanzia comportava costi tali da dimezzare il reddito dell’imputato, con le gravi ripercussioni sul bilancio familiare”.

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 6787 del 19.03.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il lavoratore assunto a tempo determinato non può pretendere la conversione del contratto a tempo indeterminato qualora si trovi a sostituire temporaneamente un prestatore regolarmente assunto con diritto alla conservazione del posto.
Per la Suprema Corte, infatti, “il lavoratore assunto a termine ai sensi dell’art. 1, secondo comma, lett., b della legge n. 230 del 1962, per la sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, non deve essere necessariamente destinato alle medesime mansioni e/o allo stesso posto del lavoratore assente, atteso che la sostituzione ipotizzata dalla norma va intesa nel senso più confacente alle esigenze dell’impresa; pertanto, non può essere disconosciuta all’imprenditore – nell’esercizio del potere autorganizzatorio – la facoltà di disporre (in conseguenza dell’assenza di un dipendente) l’utilizzazione del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catena, sempre che vi sia una correlazione tra assenza ed assunzione a termine, nel senso che la seconda deve essere realmente determinata dalla necessità creatasi nell’azienda per effetto della prima”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 17887 del 18.10.2012

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che in tema di equo canone, il giudice ordinario ha il potere di disapplicare l’atto di classamento dell’unità immobiliare oggetto della controversia.
Per la Suprema Corte, che ha confermato la pronuncia dell’Appello, “le norme dettate per la determinazione del canone dalla legge n. 392 del 1978 con riferimento alla categoria catastale degli alloggi non attribuiscono agli atti amministrativi inerenti alla classificazione catastale un valore tassativo e vincolante, spettando al giudice ordinario il potere di disapplicare l’atto di classamento dell’unità immobiliare e di determinare, in via incidentale, la categoria catastale da attribuire all’unità immobiliare oggetto di controversia”. E ciò “avendo riguardo alla consistenza dell’immobile oggetto della locazione, quale risulta dal contratto dedotto in giudizio, al limitato scopo di accertare la soggezione o meno del contratto di locazione alla disciplina dell’equo canone e quantificare il canone locatizio dovuto”.
Dunque, ciò che rileva è che i giudici di merito hanno preso in considerazione, con decisione adeguatamente motivata, il classamento della Ute ma poi l’hanno disapplicato ritenendo che non corrispondesse alle condizioni dell’immobile, come accertate dalla Ctu.