Maternità surrogata: in primis l’interesse del minore.

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 272 del 2017 ritiene infondata la questione di legittimità sollevata dalla Corte d’appello di Milano sull’art. 263 c.c. Il giudice, infatti, chiamato a pronunciarsi sulla impugnazione del riconoscimento del figlio naturale concepito attraverso la surrogazione di maternità, è sempre tenuto a valutare in primis l’interesse del minore.

La Consulta ha chiarito che nell’azione disciplinata dal predetto articolo, è ineludibile effettuare una valutazione comparativa tra due interessi di rilievo primario: la verità e il minore. Ha poi specificato che sussistono ipotesi in cui questa operazione viene effettuata direttamente dalla legge come per es. il disconoscimento del figlio concepito da fecondazione eterologa, ed altri, invece, in cui il legislatore impone l’imprescindibile presa d’atto della verità, con divieti come quello della maternità surrogata, senza tuttavia cancellare l’interesse del minore. Pertanto, dal momento che non sussistono  istruzioni utili da parte della legge, e sulla base della consapevolezza che il vaglio non può limitarsi alla sola alternativa vero/falso, tra le variabili di cui occorre tener conto, si individuano: la durata del rapporto con il minore; la condizione identitaria già acquisita; le modalità del concepimento e della gestazione; infine, la possibilità per il genitore sociale di statuire, mediante l’adozione in casi particolari, una relazione giuridica che assicuri al minore un’adeguata tutela.

A tutto ciò si aggiunge per la stessa Corte, la considerazione dell’elevato grado di disvalore che lo ordinamento collega alla surrogazione di maternità, la quale «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane».