Addio mantenimento se il matrimonio religioso è nullo

La Corte di cassazione nell’ordinanza n. 11553 del 2018 stabilisce che delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, comporta l’invalidità originaria del vincolo matrimoniale e quindi, il venir meno del presupposto per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento disposto in sede di separazione personale.

In sede di separazione personale dei coniugi, l’uomo era stato obbligato al pagamento dell’assegno di mantenimento in favore della ex. Successivamente il marito chiese, ex art. 710 c.p.c., la revoca del proprio obbligo a corrispondere quell’assegno poiché, dopo il passaggio in giudicato sentenza di separazione, era intervenuta la delibazione della Corte d’Appello competente della decisione ecclesiastica dichiarativa della nullità del loro matrimonio concordatario. Nonostante il Tribunale avesse, in prima battuta, accolto la domanda dell’ex marito, questa veniva respinta a seguito del reclamo della moglie dalla Corte d’Appello: per i giudici, il sopravvenire della dichiarazione di nullità del matrimonio non avrebbe potuto determinare il venir meno del diritto alla percezione dell’assegno.

In Cassazione, il ricorrente contesta alla Corte d’Appello di aver richiamato una pronuncia di legittimità che, però, aveva esaminato la questione del giudicato formatosi su statuizioni economiche adottate nell’ambito di un giudizio sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario e non una sua fase transitoria o interlocutoria quale è quella (come nel caso di specie) della separazione.

Una doglianza che appare fondata ai giudici di Cassazione, i quali precisano che se la separazione non elide, anzi, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché il dovere di assistenza materiale nel quale si attualizza l’assegno di mantenimento conserva la sua efficacia e la sua pienezza, non presentando alcun aspetto di incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche solo temporanea, di separazione. In altri termini, non viene meno il rapporto coniugale, ma si determina solo una sospensione dei doveri di natura personale (fedeltà, convivenza e collaborazione) con permanenza di quelli di natura patrimoniale, seppur adattati alla nuova situazione. Il divorzio, invece, comporta la definitiva estinzione del rapporto si estingue definitam, sia sul piano dello status personale dei coniugi che nei loro rapporto giuridico patrimoniali e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e materiale, fermo restando, in presenza dei figli, l’esercizio della responsabilità genitoriale da parte di entrambi gli ex.

È innegabile, secondo la Cassazione, che il vincolo matrimoniale possa venir meno anche, ed eventualmente ancor prima della definitiva decisione sul divorzio (se rispetto ad essa anteriore), allorquando sia resa efficace nello Stato Italiano la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, attraverso il procedimento di delibazione. Ne deriva, del tutto plausibilmente, che a fronte del travolgimento del presupposto (permanenza del vincolo coniugale) dell’assegno di mantenimento conseguente alla sopravvenienza della dichiarazione ecclesiastica di nullità originaria di quel vincolo, non potranno resistere le statuizioni economiche relative al rapporto tra i coniugi contenute nella loro sentenza separazione, benché divenuta cosa giudicata. In conclusione, appare irragionevole possano sopravvivere pronunce accessorie al venir meno della pronuncia principale dalla quale queste dipendono.